Hanno provato con le manifestazioni di piazza e con articoli sui giornali (inserzioni che i dipendenti in sciopero hanno pagato tassandosi di 1 giorno di lavoro per costituire una cassa comune) ma alla fine il successo nella trattativa sindacale ferma da mesi e' arrivato dal primo sciopero virtuale.
La trattativa per la firma del contratto integrativo durava dal 2004. E nel 2007 l'azienda aveva tagliato il premio di risultato: circa mille euro in meno nella busta paga dei cinquemila lavoratori nazionali. Che a quel punto hanno provato a giocare ad armi pari: invece di scendere in piazza di persona hanno mandato avanti il loro alter ego cibernetico. O meglio l'avatar, per dirla con il linguaggio di Second life, dove il 27 settembre scorso si sono dati appuntamento per la prima protesta sindacale virtuale, nel senso di tecnologica: duemila persone collegate per 12 ore a un computer da più di 30 Paesi per rivendicare diritti reali con cartelli, slogan e striscioni in quella che è la vita parallela di oltre 10 milioni di utenti registrati. E in cui anche il colosso informatico ha investito milioni di euro per aprire reparti, centri d'affari e servizi d'assistenza. Delle 30 isole che Big Blue (come viene chiamata l'Ibm negli Stati Uniti) ha creato nel mondo virtuale, sette sono state occupate dai manifestanti, che hanno poi bloccato il business center per qualche ora e interrotto una riunione online tra manager.
I dipendenti hanno riavuto il premio di risultato, oltre ad agevolazioni sanitarie più vantaggiose. Sciopero virtuale sì, ma dagli effetti reali, quindi. Non ultimo l'aver contribuito - venti giorni dopo - alle dimissioni dell'amministratore delegato di Ibm Italia, Andrea Pontremoli.
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